Non c’è socio di maggioranza in caso di tre soci con quote uguali

Postato da Redazione il 5 Novembre 2013

In caso di società di capitali con meno di quattro soci, l’obbligo di dichiarare i requisiti di moralità professionale ai sensi dell’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006 a carico del socio di maggioranza, non è configurabile nell’ipotesi in cui il capitale sociale sia ripartito tra tre soci in quote uguali, non essendo configurabile un socio maggioritario.

E’ quanto ha affermato il Consiglio di Stato nella sentenza n. 3963/2013, chiamato a decidere sulla legittimità delle dichiarazioni rese da un concorrente sul possesso dei requisiti generali di partecipazione ad una gara d’appalto.

Come noto, l’art. 38 comma 1 del Codice Appalti sancisce, tra l’altro, l’esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti pubblici dei soggetti nei cui confronti sia pendente procedimento per l’applicazione di specifiche misure di prevenzione (lett. b) o che siano stati condannati per reati gravi in danno dello Stato o della Comunità incidenti sulla moralità professionale (lett. c), con la specificazione che, in caso di società di capitali con più soci, la norma opera anche “nei confronti del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci”.

L’espressione “socio di maggioranza” ha dato vita a contrastanti orientamenti interpretativi vertenti, sostanzialmente:

  1. sulla questione se l’espressione socio di maggioranza si riferisca esclusivamente al socio di maggioranza assoluta (50% + 1 del capitale sociale) o, diversamente, ricomprenda altresì la figura del socio di maggioranza relativa;
  2. ove si propenda per la seconda interpretazione, se i soci titolari di quote paritetiche possano o meno essere considerati soci di maggioranza ai sensi dell’art. 38.

In merito a tale ultima questione, il Consiglio di Stato ha applicato il criterio ermeneutico del dato letterale, affermando che l’espressione “socio di maggioranza” non potrebbe essere intesa nel senso di ricomprendere la figura dei soci titolari di quote paritetiche del capitale sociale, non ricorrendo in questo caso un socio maggioritario.

Ad ulteriore sostegno di tale affermazione, il Consiglio ha richiamato la ratio giustificatrice dell’obbligo dichiarativo de quo, individuata nell’esistenza di una forma di concentrazione di poteri in capo ad un unico soggetto, sostenendo che non ricorrerebbe una concentrazione di tal tipo in capo ai soci titolari di quote paritetiche di società di capitali.

Conseguentemente, sulla base del dato letterale e della ratio giustificatrice della norma, la Decisione ha concluso che l’obbligo di rendere la dichiarazione ai sensi dell’art. 38 comma 1 lett. c) non riguardi il caso di società il cui capitale sociale sia ripartito pariteticamente tra tre soci, precisando che qualche dubbio potrebbe sorgere solo rispetto all’ipotesi di società con due soci al 50%.

Rispetto a tale ultima ipotesi, il Consiglio di Stato (sez. VI, 28 gennaio 2013 n. 513) si è espresso in favore dell’applicazione dell’obbligo dichiarativo con riferimento ad entrambi i soci.

Tale decisione, valorizzando la ratio dell’art. 38 comma 1 D.Lgs. n. 163/2006, ha affermato che l’ambito di applicazione soggettivo della norma comprenderebbe, oltre al socio di maggioranza assoluta, tutti i soggetti capaci, in ragione della loro partecipazione al capitale sociale, “di esercitare un determinante potere di direzione o comunque di influenza sulle scelte strategiche e sulla gestione di una società con scarso numero di soci”.

Nello specifico, il socio al 50% “è già in grado di assumere poteri strategici diretti e poteri di condizionamento indiretto sulle scelte di gestione della società”.

Dall’esame dei vari orientamenti giurisprudenziali di cui sopra, emerge una situazione di estrema incertezza rispetto alla decodificazione dell’espressione “socio di maggioranza” di cui all’art. 38 del Codice Appalti, sicchè non può che sperarsi in un intervento dell’Adunanza Plenaria definitivamente chiarificatore della problematica.

(Fonte: Urbanistica e appalti 11/2013, Avv. Luca Primicerio)

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