Avvalimento: l’oggetto deve essere chiaro e determinato

Il contratto di avvalimento presentato nell’ambito di una procedura di appalto deve avere un oggetto chiaro e ben determinato, indicando espressamente anche quali risorse e apparato organizzativo l’impresa ausiliaria presta all’impresa concorrente.
L’esigenza di una puntuale individuazione dell’oggetto del contratto di avvalimento trova la propria giustificazione nella necessità di non permettere aggiramenti dei requisiti di ingresso alle gare pubbliche.
La pratica della mera riproduzione, nel testo dei contratti di avvalimento, della formula legislativa della "messa a disposizione delle risorse necessarie di cui è carente il concorrente” (v. art. 49, comma 1, lettera d, Codice Appalti), o di espressioni simili, si rivela infatti inidonea a permettere qualsiasi sindacato, da parte della stazione appaltante, sull’effettività dei requisiti prestati.
Deve quindi essere determinata nell’oggetto anche la dichiarazione unilaterale dell’impresa ausiliaria che si obbliga verso il concorrente e la stazione appaltante a concedere per tutta la durata dell’appalto le risorse necessarie di cui è carente il concorrente.
Nell’istituto dell’avvalimento, infatti, l’impresa ausiliaria non è semplicemente un soggetto terzo rispetto alla gara, dovendosi essa impegnare non soltanto verso l’impresa concorrente ausiliata, ma anche verso la stazione appaltante, a conferire al concorrente le risorse di cui questi sia carente, sicché l’ausiliario è tenuto a riprodurre il contenuto del contratto di avvalimento in una dichiarazione resa nei confronti della stazione appaltante.
Pertanto, l’impresa ausiliaria deve indicare dettagliatamente i mezzi e le risorse correlate che mette a disposizione della concorrente ai fini dell’attuazione dell’impegno negoziale.
Se, infatti, l’obbligo assunto in un contratto di avvalimento avesse contenuto generico, non sarebbe possibile far valere l’inadempimento del soggetto ausiliario, il quale, in sua difesa, potrebbe sempre invocare la mancanza di una specifica violazione contrattuale.
E’ quanto ha stabilito il Consiglio di Stato, sez. VI, con la sentenza n. 2365/2014.
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